La Piazza XX Settembre conosciuta dai più grandi come "lu scanaturi" dovuto alla forma simile a quella di una tavola di legno con dei rialzi usato per stendere la pasta e il pane, venne costruita di fronte alla "castellana" ovvero il municipio. Venne realizzata con vari tipi di marmo, di cui quelli al centro sono particolarmente preziosi, l’intero disegno è stato ideato dall'artista Italo Argentino SIlvio Benedetto.
Sulla facciata del Comune è presente un murales diviso in alcune parti (lavori iniziati nel 1981) data nella quale ricadeva la fondazione (300 anni prima) del Comune di Campobello di Licata, si pensi che il diritto di edificare sul suolo campobellese venne dato nel 1881.
Il prospetto del murales è diviso in riquadri nei quali vengono rappresentati alcuni frammenti della storia del nostro paese:
- in alto a sinistra la rappresentazione della vendemmia, una delle attività più redditizie per il nostro territorio;
- In centro una scena di pastorizia;
- in alto a destra l'immigrazione rappresentata in maniera drammatica da Silvio Benedetto: una signora che tiene in braccio un bambino e saluta un uomo in vesti povere, proprio per rappresentare la situazione di miseria nella quale si viveva in quei tempi, ciò portava alla necessità di migrare. Nello sfondo dell’affresco è presente il sole per rappresentare la speranza.
- Di sotto a sinistra abbiamo la lotta fra bene e il male
- Al centro, nella parte sottostante, abbiamo donne che prendono l'acqua dalla fontana. Nel riquadro si raffigura il lavoro femminile, perché il lavoro delle donne in paese era pesante, si dovevano accendere le luci mettendo la carbonella dentro questa specie di “ferro da stiro” che viene raffigurato. C’erano tante diverse mansioni a cui dovevano fronteggiare, come ad esempio la creazione della pasta fatta a mano.
-Nell’ultimo riquadro a destra, abbiamo un dipinto molto caro alla comunità di Campobello di Licata, è quello raffigurante il lavoro delle miniere. Si pensi che nel nostro paese si contavano circa 3000 persone dedite al lavoro nelle zolfare su una popolazione di circa 10.000 abitanti, sono un’infinità se ci pensiamo! Lavoravano in condizioni veramente disumane, in particolar modo i famosi “carusi”, ovvero i ragazzini del paese tra i 7 e 8 anni che data la loro statura e magrezza riuscivano ad accedere molto facilmente nei cunicoli dove si estraeva lo zolfo. Le famiglie di questi “carusi”, che erano famiglie molto povere, li vendevano per pochi spicci ai capi mastri, ed erano davvero preziosi all’epoca per la riuscita del lavoro.
Dall’altra parte della piazza, dove la Chiesa Madre si specchia sulla piazza, l’entrata è dominata dalla presenza di due statue bronzee, opere del maestro Silvio Benedetto. Una statua, da un lato raffigurante la donna con la quartara, mentre l’altra statua raffigurante l’uomo nell’atto di seminare. Insieme, sono simbolo della vita, dell’acqua e della terra.