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E' Futuro

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Le Testimonianze Raccolte

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Via Michelangelo

Via Michelangelo

Via Michelangelo

Via Michelangelo prende il nome dal celebre artista fiorentino Michelangelo Buonarroti, probabilmente per la sua vicinanza a Via dei Poeti e per le sue due biforcazioni che si aprono su una delle arterie principali di Campobello di Licata, Via Giuseppe Garibaldi.

In origine, la strada era solo un ammasso di pietre durissime e terreno, poiché non vi era ancora l’asfalto. Quando si iniziò a costruire il primo sistema idrico per il paese, Via Michelangelo fu scelta come strada di prova per la distribuzione dell’acqua a tutta Campobello. Grazie alle sue due biforcazioni, questa via permetteva un flusso d’acqua più agevole, agevolando così la copertura di tutto il territorio.

Per l'installazione del sistema idrico, fu necessario rimuovere le dure pietre che ricoprivano la strada. Questo venne fatto con l’uso di mine, le cui esplosioni erano così potenti da frantumare i vetri delle case vicine. Gli uomini del paese completarono il lavoro usando “lu picu” (il piccone), scavando manualmente per fare spazio alle tubature.

Prima di allora, l’acqua non era disponibile nelle case; veniva raccolta dai cittadini al canale oppure trasportata con botti. Il progetto di canalizzazione e distribuzione idrica per Via Michelangelo fu ideato da Vincenzo Pagliarello, un abile tubista del luogo.

Un aneddoto curioso legato alla costruzione di Via Michelangelo riguarda C.G., un abitante del paese che, dopo essersi ubriacato, non vide una delle fosse lasciate aperte dai lavori e vi cadde all’interno, passando lì tutta la notte. Fu ritrovato solo il giorno seguente, sano e salvo ma certamente provato dall'esperienza!

Via Michelangelo prende il nome dal celebre artista fiorentino Michelangelo Buonarroti, probabilmente per la sua vicinanza a Via dei Poeti e per le sue due biforcazioni che si aprono su una delle arterie principali di Campobello di Licata, Via Giuseppe Garibaldi.

In origine, la strada era solo un ammasso di pietre durissime e terreno, poiché non vi era ancora l’asfalto. Quando si iniziò a costruire il primo sistema idrico per il paese, Via Michelangelo fu scelta come strada di prova per la distribuzione dell’acqua a tutta Campobello. Grazie alle sue due biforcazioni, questa via permetteva un flusso d’acqua più agevole, agevolando così la copertura di tutto il territorio.

Per l'installazione del sistema idrico, fu necessario rimuovere le dure pietre che ricoprivano la strada. Questo venne fatto con l’uso di mine, le cui esplosioni erano così potenti da frantumare i vetri delle case vicine. Gli uomini del paese completarono il lavoro usando “lu picu” (il piccone), scavando manualmente per fare spazio alle tubature.

Prima di allora, l’acqua non era disponibile nelle case; veniva raccolta dai cittadini al canale oppure trasportata con botti. Il progetto di canalizzazione e distribuzione idrica per Via Michelangelo fu ideato da Vincenzo Pagliarello, un abile tubista del luogo.

Un aneddoto curioso legato alla costruzione di Via Michelangelo riguarda C.G., un abitante del paese che, dopo essersi ubriacato, non vide una delle fosse lasciate aperte dai lavori e vi cadde all’interno, passando lì tutta la notte. Fu ritrovato solo il giorno seguente, sano e salvo ma certamente provato dall'esperienza!

Via Michelangelo prende il nome dal celebre artista fiorentino Michelangelo Buonarroti, probabilmente per la sua vicinanza a Via dei Poeti e per le sue due biforcazioni che si aprono su una delle arterie principali di Campobello di Licata, Via Giuseppe Garibaldi.

In origine, la strada era solo un ammasso di pietre durissime e terreno, poiché non vi era ancora l’asfalto. Quando si iniziò a costruire il primo sistema idrico per il paese, Via Michelangelo fu scelta come strada di prova per la distribuzione dell’acqua a tutta Campobello. Grazie alle sue due biforcazioni, questa via permetteva un flusso d’acqua più agevole, agevolando così la copertura di tutto il territorio.

Per l'installazione del sistema idrico, fu necessario rimuovere le dure pietre che ricoprivano la strada. Questo venne fatto con l’uso di mine, le cui esplosioni erano così potenti da frantumare i vetri delle case vicine. Gli uomini del paese completarono il lavoro usando “lu picu” (il piccone), scavando manualmente per fare spazio alle tubature.

Prima di allora, l’acqua non era disponibile nelle case; veniva raccolta dai cittadini al canale oppure trasportata con botti. Il progetto di canalizzazione e distribuzione idrica per Via Michelangelo fu ideato da Vincenzo Pagliarello, un abile tubista del luogo.

Un aneddoto curioso legato alla costruzione di Via Michelangelo riguarda C.G., un abitante del paese che, dopo essersi ubriacato, non vide una delle fosse lasciate aperte dai lavori e vi cadde all’interno, passando lì tutta la notte. Fu ritrovato solo il giorno seguente, sano e salvo ma certamente provato dall'esperienza!

Mariano Miccichè

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In Via Michelangelo, Mariano Miccichè era solito disporre l'aglio appena raccolto davanti alla propria abitazione, in un gesto semplice ma denso di significato. Questa pratica rifletteva le profonde radici rurali e l’attaccamento alla terra che caratterizzavano la comunità di Campobello di Licata. Mariano, così facendo, contribuiva a preservare le antiche tradizioni agricole del paese, arricchendo il paesaggio della via con l'inconfondibile profumo dell’aglio appena raccolto, simbolo di un legame inscindibile con la terra e della continuità delle usanze tramandate di generazione in generazione.

In Via Michelangelo, Mariano Miccichè era solito disporre l'aglio appena raccolto davanti alla propria abitazione, in un gesto semplice ma denso di significato. Questa pratica rifletteva le profonde radici rurali e l’attaccamento alla terra che caratterizzavano la comunità di Campobello di Licata. Mariano, così facendo, contribuiva a preservare le antiche tradizioni agricole del paese, arricchendo il paesaggio della via con l'inconfondibile profumo dell’aglio appena raccolto, simbolo di un legame inscindibile con la terra e della continuità delle usanze tramandate di generazione in generazione.

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In Via Michelangelo, Mariano Miccichè era solito disporre l'aglio appena raccolto davanti alla propria abitazione, in un gesto semplice ma denso di significato. Questa pratica rifletteva le profonde radici rurali e l’attaccamento alla terra che caratterizzavano la comunità di Campobello di Licata. Mariano, così facendo, contribuiva a preservare le antiche tradizioni agricole del paese, arricchendo il paesaggio della via con l'inconfondibile profumo dell’aglio appena raccolto, simbolo di un legame inscindibile con la terra e della continuità delle usanze tramandate di generazione in generazione.

Peppe Patriarca

Peppe Patriarca

Peppe Patriarca, nato da una relazione incestuosa, era una persona straordinaria, dotata di grande intelligenza e bontà d'animo. Sposato con una donna di Palermo, era noto in tutto il paese per il suo particolare mestiere: aiutare i compaesani a ritrovare oggetti o animali smarriti.

Percorrendo le vie di Campobello di Licata, Peppe gridava a gran voce: “Cu a pirsu na crapa, ca sacciu cu l’avi!” ("Chi ha perso una capra, so io chi ce l'ha!"). Questo suo modo di annunciare gli oggetti o gli animali ritrovati era diventato familiare a tutti, al punto da rendere Peppe una figura amata e rispettata. Con la sua generosità e il suo acuto spirito di osservazione, riusciva sempre a restituire ciò che era andato perduto, restituendo serenità a chi aveva subito una perdita

Un giorno, Santo Gravotta si trovò a fronteggiare la perdita delle sue gregne, i fasci di grano. Decise allora di rivolgersi a Peppe Patriarca, noto in paese per la sua abilità nel ritrovare ciò che andava smarrito. Chiese a Peppe di "vanniari" – di annunciare pubblicamente la perdita – nella speranza di recuperarle. Con un tocco di ironia e rassegnazione, Santo aggiunse: “Almeno lassati li liani,” riferendosi alle corde che legavano i fasci, quasi a dire che, se non fosse stato possibile recuperare tutto, si sarebbe accontentato di riavere almeno le corde.

Questo aneddoto rispecchia lo spirito semplice e solidale della vita a Campobello, dove il supporto reciproco e l'ironia erano parte integrante della quotidianità.

Peppe Patriarca

Peppe Patriarca

Peppe Patriarca, nato da una relazione incestuosa, era una persona straordinaria, dotata di grande intelligenza e bontà d'animo. Sposato con una donna di Palermo, era noto in tutto il paese per il suo particolare mestiere: aiutare i compaesani a ritrovare oggetti o animali smarriti.

Percorrendo le vie di Campobello di Licata, Peppe gridava a gran voce: “Cu a pirsu na crapa, ca sacciu cu l’avi!” ("Chi ha perso una capra, so io chi ce l'ha!"). Questo suo modo di annunciare gli oggetti o gli animali ritrovati era diventato familiare a tutti, al punto da rendere Peppe una figura amata e rispettata. Con la sua generosità e il suo acuto spirito di osservazione, riusciva sempre a restituire ciò che era andato perduto, restituendo serenità a chi aveva subito una perdita

Un giorno, Santo Gravotta si trovò a fronteggiare la perdita delle sue gregne, i fasci di grano. Decise allora di rivolgersi a Peppe Patriarca, noto in paese per la sua abilità nel ritrovare ciò che andava smarrito. Chiese a Peppe di "vanniari" – di annunciare pubblicamente la perdita – nella speranza di recuperarle. Con un tocco di ironia e rassegnazione, Santo aggiunse: “Almeno lassati li liani,” riferendosi alle corde che legavano i fasci, quasi a dire che, se non fosse stato possibile recuperare tutto, si sarebbe accontentato di riavere almeno le corde.

Questo aneddoto rispecchia lo spirito semplice e solidale della vita a Campobello, dove il supporto reciproco e l'ironia erano parte integrante della quotidianità.

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