Memoria

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E' Futuro

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Memoria

Uccisione
di Vito Montaperto

Uccisione di Vito Montaperto

Un altro episodio tragico e misterioso nella Campobello degli anni ’50 riguarda l'assassinio del sindaco Vito Montaperto, Segretario Provinciale della Democrazia Cristiana. In quel periodo, all'interno della Democrazia Cristiana, le faide erano frequenti, con alleanze e correnti politiche che si formavano e si dissolvevano continuamente. Nell’ambito della sua ascesa politica, Montaperto iniziò a entrare in conflitto con altre figure influenti, circostanza che potrebbe aver portato al suo omicidio e ai successivi tentativi di depistaggio. Tuttavia, diverse testate giornalistiche dell’epoca sostennero che la sua morte fosse dovuta a un incidente.

Il 14 settembre 1953, Montaperto, insieme ai deputati neoeletti Giglia e Di Leo, stava rientrando in auto da un convegno a Gela. Nei pressi di Palma di Montechiaro, furono vittime di un’imboscata: alcuni banditi bloccarono la strada e li costrinsero a scendere dal veicolo. In quella circostanza, un singolo colpo di pistola colpì il più giovane del gruppo, Vito Montaperto, provocandone la morte.

Uccisione di Vito Montaperto

Un altro episodio tragico e misterioso nella Campobello degli anni ’50 riguarda l'assassinio del sindaco Vito Montaperto, Segretario Provinciale della Democrazia Cristiana. In quel periodo, all'interno della Democrazia Cristiana, le faide erano frequenti, con alleanze e correnti politiche che si formavano e si dissolvevano continuamente. Nell’ambito della sua ascesa politica, Montaperto iniziò a entrare in conflitto con altre figure influenti, circostanza che potrebbe aver portato al suo omicidio e ai successivi tentativi di depistaggio. Tuttavia, diverse testate giornalistiche dell’epoca sostennero che la sua morte fosse dovuta a un incidente.

Il 14 settembre 1953, Montaperto, insieme ai deputati neoeletti Giglia e Di Leo, stava rientrando in auto da un convegno a Gela. Nei pressi di Palma di Montechiaro, furono vittime di un’imboscata: alcuni banditi bloccarono la strada e li costrinsero a scendere dal veicolo. In quella circostanza, un singolo colpo di pistola colpì il più giovane del gruppo, Vito Montaperto, provocandone la morte.

Un altro episodio tragico e misterioso nella Campobello degli anni ’50 riguarda l'assassinio del sindaco Vito Montaperto, Segretario Provinciale della Democrazia Cristiana. In quel periodo, all'interno della Democrazia Cristiana, le faide erano frequenti, con alleanze e correnti politiche che si formavano e si dissolvevano continuamente. Nell’ambito della sua ascesa politica, Montaperto iniziò a entrare in conflitto con altre figure influenti, circostanza che potrebbe aver portato al suo omicidio e ai successivi tentativi di depistaggio. Tuttavia, diverse testate giornalistiche dell’epoca sostennero che la sua morte fosse dovuta a un incidente.

Il 14 settembre 1953, Montaperto, insieme ai deputati neoeletti Giglia e Di Leo, stava rientrando in auto da un convegno a Gela. Nei pressi di Palma di Montechiaro, furono vittime di un’imboscata: alcuni banditi bloccarono la strada e li costrinsero a scendere dal veicolo. In quella circostanza, un singolo colpo di pistola colpì il più giovane del gruppo, Vito Montaperto, provocandone la morte.

Le Testimonianze
Raccolte

Le Testimonianze Raccolte

Testimonianze Raccolte

Testimonianza Anonima

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“Per quanto riguarda la morte del sindaco Vito Montaperto, era il 1950 o giù di lì. Si dice che fu ucciso da qualcuno che era con lui in macchina, ma queste sono solo voci. “

Testimonianza Anonima

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“Per quanto riguarda la morte del sindaco Vito Montaperto, era il 1950 o giù di lì. Si dice che fu ucciso da qualcuno che era con lui in macchina, ma queste sono solo voci. “

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“Montaperto, sindaco e segretario provinciale, fu ucciso in circostanze misteriose. Alla base della sua morte ci sono possibili tradimenti interni nella Democrazia Cristiana. Non si è mai arrivati a una conclusione chiara sul colpevole.”

Testimonianza Anonima

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“Montaperto, sindaco e segretario provinciale, fu ucciso in circostanze misteriose. Alla base della sua morte ci sono possibili tradimenti interni nella Democrazia Cristiana. Non si è mai arrivati a una conclusione chiara sul colpevole.”

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“Sulla morte di Vito Montaperto, esistono varie versioni : si dice che fosse un omicidio politico legato al suo ruolo nel partito. Alcuni sostengono che Montaperto fosse stato ucciso mentre viaggiava in auto. È stato fatto scendere dalla macchina ed è stato ucciso. “

Testimonianza Anonima

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“Sulla morte di Vito Montaperto, esistono varie versioni : si dice che fosse un omicidio politico legato al suo ruolo nel partito. Alcuni sostengono che Montaperto fosse stato ucciso mentre viaggiava in auto. È stato fatto scendere dalla macchina ed è stato ucciso. “

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“Ci fu una festa a Gela organizzata dall’onorevole Aldisio. Questa festa fu una trappola. Fu organizzata appositamente per uccidere Vito Montaperto. È stato un delitto di origine politica . Volevano farlo fuori perché stava diventando un personaggio di spicco. Infatti nei giorni successivi al delitto il padre di Vito si recó nelle campagne vicino al luogo dell’ ipotetico agguato per chiedere ai pastori se avessero sentito degli spari. Ma nessuno riferì di aver sentito alcun colpo.

Quindi per me è stato ucciso durante la festa di Aldisio a Gela e poi il corpo è stato portato ad Agrigento. La mamma di Vito ,“za Marianna “ , quando venne a sapere della morte del figlio impazzì.”

Testimonianza Anonima

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“Ci fu una festa a Gela organizzata dall’onorevole Aldisio. Questa festa fu una trappola. Fu organizzata appositamente per uccidere Vito Montaperto. È stato un delitto di origine politica . Volevano farlo fuori perché stava diventando un personaggio di spicco. Infatti nei giorni successivi al delitto il padre di Vito si recó nelle campagne vicino al luogo dell’ ipotetico agguato per chiedere ai pastori se avessero sentito degli spari. Ma nessuno riferì di aver sentito alcun colpo.

Quindi per me è stato ucciso durante la festa di Aldisio a Gela e poi il corpo è stato portato ad Agrigento. La mamma di Vito ,“za Marianna “ , quando venne a sapere della morte del figlio impazzì.”

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Vito Montaperto godeva di un’ottima reputazione a Campobello. All’occupazione delle terre seguirono degli arresti, ed egli fu avvocato difensore di alcuni giovani coinvolti, ottenendo per loro l’assoluzione. Morì a soli 26 anni. Divenne sindaco di Campobello a 22 anni, essendo già a quell’età un avvocato di spicco del foro agrigentino.

L’occupazione delle terre in provincia di Agrigento ebbe diverse connotazioni. Ci furono delle occupazioni di sinistra e delle operazioni guidate dalla Democrazia Cristiana, sotto forma di operazioni per distribuire le terre. Picone era il presidente della cooperativa “San Giovanni”, che si occupò di distribuire ai contadini i terreni sottratti ai feudatari. Questa era la parte democristiana. Poi c’era la parte comunista.

I partiti politici cercavano di inserirsi il più possibile nella comunità, visto che uscivamo dal fascismo. Campobello era un paese di frontiera, dove c’era una lotta accanitissima tra i partiti, anche nell’assegnazione dei terreni. I principali esponenti delle due fazioni politiche erano proprio di Campobello e Agrigento. Ad Agrigento, La Loggia e Bonfiglio. A Campobello, Luigi Giglia e Vito Montaperto.

Quando venne assassinato Vito, ricopriva il ruolo di segretario provinciale della Democrazia Cristiana. Da lì a quattro mesi si sarebbero tenute le elezioni regionali, alle quali Vito Montaperto era candidato all’Assemblea Regionale. Infatti, lui fu assassinato durante una visita a Gela al ministro Alvisio. Alvisio era ministro dell’agricoltura. Siamo nell’anno 1953, settembre 1953. Nella strada di Palma di Montechiaro venne appunto derubato e ucciso con un solo colpo. È rimasto vivo per poi trovare la morte all’ospedale di Agrigento. La commissione antimafia dell’epoca si è occupata di questo caso, ci fu un processo.

Ci sono due versioni per questa uccisione. La prima vede questo evento come un omicidio politico, la seconda come un omicidio di mafia. Che poi talvolta le cose si intrecciano. La mia opinione maturata nel tempo è che non fu per motivazioni politiche. Fu un semplice incidente. La mia teoria è questa: per la modalità, Vito quando fu ucciso indossava un doppiopetto. Quando gli chiesero il portafoglio, Vito sbottonò il doppiopetto e il malvivente, pensando stesse cercando la pistola, sparò il colpo.

I malviventi, capendo che Vito era stato ferito a morte, scapparono. Il papà di Vito contava moltissimo nel circondario. Venne a sapere la dinamica. Il figlio morì per l’incidente che si è verificato. È stata una rapina finita male. Erano su una Balivo guidata da un autista, in contrada “Omu Mortu” a Palma di Montechiaro. Li bloccarono di notte. Erano in tre: Vito, Deleo e Giglia. Li fecero scendere e gli chiesero del denaro. Ed è successo questo incidente. Il colpo è stato sparato da una 7,65, ha perforato il cuore. Vito è stato lasciato agonizzante ed è stato portato ad Agrigento. Quindi, se fosse stato ordinato un omicidio di stampo mafioso, lo avrebbero di certo finito. L’arma della mafia all’epoca era la lupara, quindi questa pista è escludibile. Il processo non ha portato ad alcuna condanna e nessuno è stato scagionato per insufficienza di prove. Alla sbarra non vi era nessun imputato. È stato più che altro un processo politico. Alla fine, si è scelto che non fu la politica. Si poteva ipotizzare un omicidio politico per il contesto. Vito era sindaco di Campobello, era un emergente della Democrazia Cristiana a soli 22 anni. Aveva davanti una grande carriera politica. Poteva dare fastidio a qualcuno. Ma in provincia di Agrigento, gli emergenti avevano tutti la loro collocazione. Al posto di Vito, a seguito della sua morte, andò Giovanni Cinà di Bivona come candidato alle regionali. Cinà non aveva né una forza elettorale né politica. Era semplicemente vice segretario, che poi divenne segretario e infine candidato.

Quindi, la matrice politica è da escludere perché non c’era un emergente alter ego a Vito che doveva essere portato avanti. In quel periodo ci sono state diverse uccisioni in provincia di Agrigento, vedi a Sciacca e a Ravanusa, e fuori dalla provincia, che sono state intestate alla politica. Volevano far rientrare nel calderone della politica anche questa morte. Allora anche nei comizi si parlava in maniera aperta dell’uccisione lasciando un interrogativo, anche se la versione era chiarissima. In quel periodo c’era una contrapposizione nettissima tra Partito Comunista e Democrazia Cristiana, anche a Campobello. Il Partito Comunista sostenne appunto la tesi di un omicidio politico.

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Vito Montaperto godeva di un’ottima reputazione a Campobello. All’occupazione delle terre seguirono degli arresti, ed egli fu avvocato difensore di alcuni giovani coinvolti, ottenendo per loro l’assoluzione. Morì a soli 26 anni. Divenne sindaco di Campobello a 22 anni, essendo già a quell’età un avvocato di spicco del foro agrigentino.

L’occupazione delle terre in provincia di Agrigento ebbe diverse connotazioni. Ci furono delle occupazioni di sinistra e delle operazioni guidate dalla Democrazia Cristiana, sotto forma di operazioni per distribuire le terre. Picone era il presidente della cooperativa “San Giovanni”, che si occupò di distribuire ai contadini i terreni sottratti ai feudatari. Questa era la parte democristiana. Poi c’era la parte comunista.

I partiti politici cercavano di inserirsi il più possibile nella comunità, visto che uscivamo dal fascismo. Campobello era un paese di frontiera, dove c’era una lotta accanitissima tra i partiti, anche nell’assegnazione dei terreni. I principali esponenti delle due fazioni politiche erano proprio di Campobello e Agrigento. Ad Agrigento, La Loggia e Bonfiglio. A Campobello, Luigi Giglia e Vito Montaperto.

Quando venne assassinato Vito, ricopriva il ruolo di segretario provinciale della Democrazia Cristiana. Da lì a quattro mesi si sarebbero tenute le elezioni regionali, alle quali Vito Montaperto era candidato all’Assemblea Regionale. Infatti, lui fu assassinato durante una visita a Gela al ministro Alvisio. Alvisio era ministro dell’agricoltura. Siamo nell’anno 1953, settembre 1953. Nella strada di Palma di Montechiaro venne appunto derubato e ucciso con un solo colpo. È rimasto vivo per poi trovare la morte all’ospedale di Agrigento. La commissione antimafia dell’epoca si è occupata di questo caso, ci fu un processo.

Ci sono due versioni per questa uccisione. La prima vede questo evento come un omicidio politico, la seconda come un omicidio di mafia. Che poi talvolta le cose si intrecciano. La mia opinione maturata nel tempo è che non fu per motivazioni politiche. Fu un semplice incidente. La mia teoria è questa: per la modalità, Vito quando fu ucciso indossava un doppiopetto. Quando gli chiesero il portafoglio, Vito sbottonò il doppiopetto e il malvivente, pensando stesse cercando la pistola, sparò il colpo.

I malviventi, capendo che Vito era stato ferito a morte, scapparono. Il papà di Vito contava moltissimo nel circondario. Venne a sapere la dinamica. Il figlio morì per l’incidente che si è verificato. È stata una rapina finita male. Erano su una Balivo guidata da un autista, in contrada “Omu Mortu” a Palma di Montechiaro. Li bloccarono di notte. Erano in tre: Vito, Deleo e Giglia. Li fecero scendere e gli chiesero del denaro. Ed è successo questo incidente. Il colpo è stato sparato da una 7,65, ha perforato il cuore. Vito è stato lasciato agonizzante ed è stato portato ad Agrigento. Quindi, se fosse stato ordinato un omicidio di stampo mafioso, lo avrebbero di certo finito. L’arma della mafia all’epoca era la lupara, quindi questa pista è escludibile. Il processo non ha portato ad alcuna condanna e nessuno è stato scagionato per insufficienza di prove. Alla sbarra non vi era nessun imputato. È stato più che altro un processo politico. Alla fine, si è scelto che non fu la politica. Si poteva ipotizzare un omicidio politico per il contesto. Vito era sindaco di Campobello, era un emergente della Democrazia Cristiana a soli 22 anni. Aveva davanti una grande carriera politica. Poteva dare fastidio a qualcuno. Ma in provincia di Agrigento, gli emergenti avevano tutti la loro collocazione. Al posto di Vito, a seguito della sua morte, andò Giovanni Cinà di Bivona come candidato alle regionali. Cinà non aveva né una forza elettorale né politica. Era semplicemente vice segretario, che poi divenne segretario e infine candidato.

Quindi, la matrice politica è da escludere perché non c’era un emergente alter ego a Vito che doveva essere portato avanti. In quel periodo ci sono state diverse uccisioni in provincia di Agrigento, vedi a Sciacca e a Ravanusa, e fuori dalla provincia, che sono state intestate alla politica. Volevano far rientrare nel calderone della politica anche questa morte. Allora anche nei comizi si parlava in maniera aperta dell’uccisione lasciando un interrogativo, anche se la versione era chiarissima. In quel periodo c’era una contrapposizione nettissima tra Partito Comunista e Democrazia Cristiana, anche a Campobello. Il Partito Comunista sostenne appunto la tesi di un omicidio politico.

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